Il fondamento dell’amore cristiano è pratico, cioè nasce da un’esperienza, dall’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo. Non c’è altra motivazione: la cultura che respiriamo, i grandi ideali che abbiamo, i ragionamenti filosofici, i buoni sentimenti, le tensioni sociali non spiegano l’amore cristiano. L’amore cristiano non è l’amore filantropico, non è banalmente un amore “morale”, un amore che nasce da istanze razionali, etiche, sociali, di un gruppo o di una nazione. L’amore cristiano è l’amore di Cristo. L’amore che Cristo ha per me. Poi, in seconda battuta, l’amore che Cristo vuol donare attraverso di me agli altri; l’amore che io ri-dono a Cristo. L’amore cristiano quindi è essenzialmente un dono da accogliere e una risposta da dare. S. Paolo sintetizza tutto questo in modo lapidario, esaustivo: “Questa vita che vivo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me.” S. Paolo ha fatto esperienza diretta dell’amore di Cristo per lui, e la sua vita è cambiata: in un altro passo, per sottolineare la portata di questa irruzione di Dio nella sua vita, dice: “tutto reputo spazzatura, al fine di conquistare Cristo, come io sono stato conquistato da Lui.”
Allora la domanda fondamentale è un’altra: io, proprio io, ho incontrato Gesù Cristo? Mi sono sentito addosso il Suo amore? Ne ho fatto esperienza? Ho incrociato per un attimo il Suo sguardo? Ho avvertito la Sua presenza nella mia vita? Ho visto all’opera la Sua onnipotenza?
Finché non faccio esperienza dell’amore personale di Gesù Cristo per me, la Sua morte e la Sua risurrezione saranno eventi che non toccano il cuore della mia vita, che non cambiano il mio modo di ragionare, di volere, di amare; Gesù è e resta un personaggio della storia, avvolto da un alone mitico, una via di mezzo tra un eroe dei fumetti e i grandi morti della storia.
A tal proposito è emblematica l’esperienza di Samuele, il grande profeta biblico: Samuele è cresciuto fin da bambino all’ombra del Tempio, ma, come dice la Scrittura, “fino ad allora non aveva ancora incontrato il Signore”. Samuele vive nel Tempio, fa il chierichetto e il sagrestano, legge e canta, eppure non ha mai incontrato il Signore: com’è possibile??? Sarà il Signore ad avvicinarsi a Samuele, per ben tre volte: ma Samuele non sa riconoscere la voce del Signore. Il Signore non si stanca: continua a chiamarlo. Allora Eli - da cui Samuele andava ogni volta, pensando che fosse lui a chiamarlo nel cuore della notte -, intuisce che sta accadendo un incontro tra Samuele e il Signore e suggerisce la risposta da dare: “Parla, Signore, che il Tuo servo Ti ascolta”. E finalmente avviene l’incontro. Qui è importante anche il ruolo di Eli: ci vuole qualcuno che mi offra una chiave interpretativa, che mi educhi a riconoscere la voce del Signore, a riconoscerne la presenza, i segni del Suo passaggio.
Allora la domanda fondamentale è un’altra: io, proprio io, ho incontrato Gesù Cristo? Mi sono sentito addosso il Suo amore? Ne ho fatto esperienza? Ho incrociato per un attimo il Suo sguardo? Ho avvertito la Sua presenza nella mia vita? Ho visto all’opera la Sua onnipotenza?
Finché non faccio esperienza dell’amore personale di Gesù Cristo per me, la Sua morte e la Sua risurrezione saranno eventi che non toccano il cuore della mia vita, che non cambiano il mio modo di ragionare, di volere, di amare; Gesù è e resta un personaggio della storia, avvolto da un alone mitico, una via di mezzo tra un eroe dei fumetti e i grandi morti della storia.
A tal proposito è emblematica l’esperienza di Samuele, il grande profeta biblico: Samuele è cresciuto fin da bambino all’ombra del Tempio, ma, come dice la Scrittura, “fino ad allora non aveva ancora incontrato il Signore”. Samuele vive nel Tempio, fa il chierichetto e il sagrestano, legge e canta, eppure non ha mai incontrato il Signore: com’è possibile??? Sarà il Signore ad avvicinarsi a Samuele, per ben tre volte: ma Samuele non sa riconoscere la voce del Signore. Il Signore non si stanca: continua a chiamarlo. Allora Eli - da cui Samuele andava ogni volta, pensando che fosse lui a chiamarlo nel cuore della notte -, intuisce che sta accadendo un incontro tra Samuele e il Signore e suggerisce la risposta da dare: “Parla, Signore, che il Tuo servo Ti ascolta”. E finalmente avviene l’incontro. Qui è importante anche il ruolo di Eli: ci vuole qualcuno che mi offra una chiave interpretativa, che mi educhi a riconoscere la voce del Signore, a riconoscerne la presenza, i segni del Suo passaggio.
Allora, come e dove fare esperienza di Gesù Cristo? Prima di tutto dobbiamo fare i conti con la libera iniziativa di Dio. Ognuno di noi, prima o poi, verrà raggiunto dal Signore: ma i tempi e i modi dell’incontro non possiamo stabilirli a priori. Se ci rendiamo conto di aver bisogno di un incontro decisivo con Gesù Cristo, allora non possiamo fare altro che desiderarLo. E se non ne sentiamo il bisogno, non preoccupiamoci: prima o poi la vita ci metterà alle strette e grideremo a Dio. Il desiderare questo incontro è già aprirGli la porta, socchiudere la porta perché possa entrare. E il Signore non rifiuta mai Gli inviti. Non si lascia pregare a lungo. A noi sembra un’agonia, un combattimento fatto di preghiere e di dubbi, di slanci e di cadute, ma in realtà “ci sta preparando il cuore”, come dice S. Agostino, uno che se ne intende perché ha atteso per più di 30 anni l’incontro con Cristo… e poi è diventato santo, uno dei più grandi e famosi.
Qui si inserisce anche la mediazione fraterna, fatta di preghiere, di annuncio, di testimonianza: S. Paolo dice espressamente che “nessuno potrebbe invocare il nome del Signore se non gli fosse annunciata la salvezza”, cioè è dalla predicazione che nasce la fede. S. Agostino è diventato tale grazie all’intercessione della madre Monica che per anni ha chiesto la conversione del figlio.
Poi è importante fare memoria di ciò che abbiamo vissuto e di ciò che hanno vissuto altri: questo ci aiuta a sperare e a riconoscere che Dio è realmente presente e all’opera nella nostra vita e nella storia del mondo. Le storie dei personaggi biblici e le vite dei Santi non sono altro che un “canone”, cioè “un’unità di misura” per la fede di ogni credente: ci offrono le lenti giuste per riconoscere Dio anche nella nostra vita.
Infine è importante vivere tutto questo insieme: raccontarsi, confrontarsi, pregare e desiderare insieme sono la via maestra, la via sicura per non “uscire di strada”. Ci collochiamo alla fine di una lunga “processione” di persone che hanno creduto in Gesù e che per noi sono state, con la loro fede, un tramite e un segno della presenza di Gesù. Abbiamo ricevuto questa eredità e a noi è chiesto di continuare ad esserne testimoni.
Qui si inserisce anche la mediazione fraterna, fatta di preghiere, di annuncio, di testimonianza: S. Paolo dice espressamente che “nessuno potrebbe invocare il nome del Signore se non gli fosse annunciata la salvezza”, cioè è dalla predicazione che nasce la fede. S. Agostino è diventato tale grazie all’intercessione della madre Monica che per anni ha chiesto la conversione del figlio.
Poi è importante fare memoria di ciò che abbiamo vissuto e di ciò che hanno vissuto altri: questo ci aiuta a sperare e a riconoscere che Dio è realmente presente e all’opera nella nostra vita e nella storia del mondo. Le storie dei personaggi biblici e le vite dei Santi non sono altro che un “canone”, cioè “un’unità di misura” per la fede di ogni credente: ci offrono le lenti giuste per riconoscere Dio anche nella nostra vita.
Infine è importante vivere tutto questo insieme: raccontarsi, confrontarsi, pregare e desiderare insieme sono la via maestra, la via sicura per non “uscire di strada”. Ci collochiamo alla fine di una lunga “processione” di persone che hanno creduto in Gesù e che per noi sono state, con la loro fede, un tramite e un segno della presenza di Gesù. Abbiamo ricevuto questa eredità e a noi è chiesto di continuare ad esserne testimoni.
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