venerdì 19 dicembre 2008

Scrivo queste righe sulla scia di quanto il Signore mi sta dando di gustare, nel bene e nel male, nella Sua Chiesa, nella parrocchia, nel Rinnovamento. Ho dovuto mettere per iscritto questi pensieri perchè li ho nel cuore da tanto, forse da troppo. A volte li vorrei gridare. A volte mi tocca tacerli. Ma devo dirli. E mi scuso fin d'ora se potranno suscitare polemiche.
“Lo Spirito soffio dove vuole”. Credo che uno dei compiti di ogni cristiano, e in particolare di ogni cattolico, sia quello di saper riconoscere – anche intuitivamente – i segni del passaggio dello Spirito Santo: ora è terremoto, ora uragano, ora fuoco dal cielo, ora brezza leggera. A noi spetta il compito di intuirne il passaggio e di additare al mondo la presenza dello Spirito del Signore. “Nessuno – dice S. Paolo – può proclamare Gesù è il Signore! se non sotto l’azione dello Spirito Santo”: là dove si riconosce Gesù come il Signore e il Salvatore, là dove si accoglie Gesù come il Signore e il Salvatore, là dove si proclama che Gesù è il Signore e il Salvatore, là – proprio là – è in azione lo Spirito Santo: ce lo conferma la Parola di Dio, non abbiamo bisogno di altri testimoni. E questo accade in CL come nei neocatecumenali, nel RnS come nel movimento della gloria, nell’Azione Cattolica come nei pentecostali. Questo è l'essenziale, a prescindere dalle forme con cui di volta in volta si presenta.
S. Paolo scrive poi che come il corpo è fatto di molte membra, così la Chiesa: e in tutte le membra agisce in maniera unica lo Spirito Santo. Nessuno – nella Chiesa - può dire: “Io possiedo la pienezza dei doni e dei carismi dello Spirito Santo! Io possiedo la pienezza delle manifestazioni dello Spirito Santo!”. Nessuno. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Abbiamo bisogno dei carismi, dei doni, delle manifestazioni dello Spirito Santo gli uni degli altri. Il rischio terribile che corriamo – ora in buona fede, ora per un orgoglio sottile – è quello di crederci in diritto di sminuire i doni, i carismi dei fratelli perché non fanno parte del nostro gruppo, movimento, associazione, comunità, perché non hanno il nostro stile di preghiera, la nostra spiritualità, il nostro modo di pensare, di ragionare, di sentire. E questo è il punto debole in cui si insinua sistematicamente il demonio. Sistematicamente. E il frutto di queste vere e proprio incomprensioni – a volte lotte –, è la divisione. E, purtroppo, diamo scandalo ai fratelli più piccoli, più deboli.
Gesù ci ha dato un altro criterio per discernere: una radice buona fa frutti buoni e duraturi, un seme buono fa frutti buoni e duraturi. Già il buon Gamaliele insegnava a Paolo che le opere di Dio, se sono di Dio, possono subire rallentamenti, deviazioni, possono suscitare incomprensioni, vespai, incredibili sofferenze, ma alla fine vanno avanti e si affermano contro tutti i detrattori, contro tutti i nemici, visibili e invisibili. A maggior ragione quando l’opera è legata all’evangelizzazione, alla proclamazione della Parola, alla preghiera d’intercessione. Se i frutti dello Spirito (pace, gioia, amore…) sono segni dell’azione di Dio in un’anima, in un gruppo, in una comunità, allora quando li vediamo con i nostri occhi, li udiamo con le nostre orecchie, li tocchiamo con mano, impariamo a non giudicare, ma ad aprire la nostra bocca al ringraziamento e all’incoraggiamento. Come aveva fatto il saggio Barnaba quando – vedendo le meraviglie di Dio nella neonata comunità d’Antiochia – aveva apprezzato, benedetto, accompagnato. Certo: vegliamo per non cadere, vegliamo per non deviare. Vigiliamo insieme. Ma che non ci capiti di ostacolare l’agire di Dio. Amen!